Cessione di crediti in blocco: la parte deve provare l’inclusione dello specifico credito nell’operazione di cessione

La mera pubblicazione dell’avviso sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario solo allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione

Cessione di crediti in blocco: la parte deve provare l’inclusione dello specifico credito nell’operazione di cessione

In tema di cessione di crediti in blocco, spetta alla parte, che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo nell’operazione di cessione, fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale. In questa ottica, la mera pubblicazione dell’avviso sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario solo allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, restando comunque devoluta al giudice la valutazione dell’idoneità asseverativa di tale avviso.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 27915 del 20 ottobre 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo alla liquidazione giudiziale di una ‘s.a.s.’.
In Appello viene revocata la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale della società e della socia illimitatamente responsabile, dichiarazione poggiata sull’istanza avanzata una società, operativa nel settore della cartolarizzazione di crediti deteriorati, che da una banca si era vista cedere un grosso credito nei confronti della ‘s.a.s.’.
Per i giudici d’Appello è decisiva la carenza di legittimazione attiva del creditore, in quanto non è stata fornita la prova della titolarità del credito. In particolare, l’avviso di cessione di crediti pro soluto, pubblicato sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ nel 2017, è risultato contenere soltanto il riferimento alla data del contratto di cessione intervenuto tra banca e società e l’indicazione che l’oggetto della cessione riguardava un insieme di crediti derivanti da rapporti giuridici, con annesse informazioni orientative, elencate in base ad eventi temporali, giuridici e classificati in base a criteri attinenti a qualità del credito (passati a sofferenza).
Tale descrizione, però, non è esaustiva, secondo i giudici d’Appello, rispetto alla determinazione dei crediti effettivamente ceduti, visto che menzionava un insieme di crediti e non tutti i crediti aventi quelle caratteristiche ed, inoltre, non consentiva di trarre elementi inequivoci atti a riconoscere la legittimazione attiva della società che ha avanzato per l’apertura della procedura di liquidazione della ‘s.a.s.’, non essendo stata documentata la data di insorgenza dell’originario credito della banca, né la sua derivazione da rapporti in sofferenza o risolti e comunque la sua inclusione in quell’insieme di crediti esposti nell’avviso.
Infine, in mancanza di produzione del contratto di cessione, l’insieme dei crediti ceduti non può, precisano i giudici d’Appello, neppure essere ricostruito con sufficiente certezza attraverso una dichiarazione scritta resa a posteriori da un soggetto che non è certo sia legittimato alla disposizione del credito in contesa e che comunque non può testimoniare il contenuto del contratto di cessione, di cui non fornisce nemmeno gli elementi necessari a catalogare la tipologia dei crediti ceduti.
Queste valutazioni vengono condivise dai magistrati di Cassazione, i quali, ampliando l’orizzonte, ricordano che la banca cessionaria di un credito è tenuta a dare notizia della avvenuta cessione mediante iscrizione nel ‘Registro delle imprese’ e pubblicazione nella ‘Gazzetta Ufficiale’ della Repubblica Italiana, e, mediante tale forma di pubblicità, nei confronti dei debitori ceduti si producono gli effetti di notifica, come previsti dal Codice Civile, e la cessione dei crediti diviene opponibile erga omnes.
Ragionando in questa ottica, spetta alla parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il debitore non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.
Così, in tema di cessione di crediti in blocco, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti di cessione, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla ‘Gazzetta Ufficiale’, dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente.
Tirando le somme, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, solo allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, restando perà affidata al giudice la valutazione dell’idoneità asseverativa del suddetto avviso.
Tornando alla vicenda in esame, è stata esclusa la produzione in giudizio del contratto di cessione dei crediti e si è appurato come non sia stata fornita adeguata prova dell’inclusione dello specifico credito nel blocco dei rapporti ceduti. Ciò sulla scorta di plurimi elementi, ossia non esaustività del riferimento ai crediti aventi determinate caratteristiche, mancata individuazione dell’esatto momento di insorgenza dei crediti e di passaggio a sofferenza con conseguente incertezza sulla inclusione di tale credito nell’insieme dei crediti così criticamente titolati, irrilevanza delle dichiarazioni del cedente.

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